Il Bitcoin è uno schema Ponzi?

Sin dal 2013, anno in cui ho cominciato a seguire il Bitcoin, ho sempre trovato nuovi articoli di detrattori delle criptovalute. Ingenuamente pensavo che con gli anni, e con un eventuale successo del criptomondo, i detrattori sarebbero spariti per dedicarsi a detrazioni migliori, ma questo non sta succedendo, anzi. Sicuramente si sono aggiunte altre tipologie di articoli fuffa, ma le detrazioni sono praticamente invariate.

Ora questo recente articolo di Repubblica, del 6 luglio 2019, ha due caratteristiche: riassume le critiche più ingenue (come se non le avessimo mai lette eh) ed è molto recente. Lo userò come punto di riferimento per parlare di queste critiche e di come mi paiano più delle reazioni istintive piuttosto che razionali, mosse da giornali e persone che non sono certo esperte del settore (per cui non è davvero importante chi lo abbia scritto).

  • Primo punto: “Il bitcoin … non ha nessun asset o garanzia sottostante.” Questa osservazione la leggo e la rileggo in tutte le salse. Anche Trump ha twittato che il valore dei Bitcoin è based on thin air e l’idea generale è affermare che non ci sia niente sotto. Peccato che a garanzia del Bitcoin ci sia la matematica certezza che una certa quantità possa essere trasferita dall’utente A all’utente B, in tutto il mondo, 24/7. Questo lo rende un asset unico e indipendente, e a mio avviso sono i veri punti di forza del Bitcoin.

    Ma sento già le voci dal fondo della stanza chiedere “Ma perché dovrebbe avere un valore?”, “Chi ci guadagna?”. Ci guida il suddetto articolo in questo, domandandosi se

  • Secondo punto: “Il funzionamento del bitcoin è molto più simile a quello di uno schema piramidale.” La tesi è che chi compra Bitcoin guadagni solo con l’ingresso di un nuovo acquirente che lo acquisti ad un prezzo superiore. Di qui l’autore prosegue con una ricostruzione un po’ fantasiosa che lui applica al Bitcoin: la grande maggioranza delle monete virtuali appartengono a pochi individui che probabilmente sono stati tra gli ideatori dello schema.

    Qui c’è un sillogismo falso: qualcosa è una truffa se la gente ci vuole guadagnare sopra. Certo, le truffe esistono. Ma diciamocelo francamente, chi è che compra un bene speculativo per volerci perdere? Acquistare un qualcosa al fine di rivenderlo a un prezzo superiore non solo non è truffa, ma è un comportamento alla base del nostro sistema capitalista. Sento grida perbeniste provenire dalle fritture pareti, ma si capisce cosa intendo.

    Poi due passi altrettanto falsi. Intanto pensare che esistano degli individui che abbiano ideato il Bitcoin al fine di truffare il resto del mondo. È come pensare che gli inventori dell’automobile cercassero escamotage per vendere gomma e metallo a caro prezzo, o che Tesla volesse creare la lobi degli elettricisti. E inoltre i suddetti individui oltre a sbattersi per fare teoria e codice, avrebbero anche previsto la crescita economica del valore. Insomma dei geni assoluti in Informatica e Finanza, ma dediti anima e corpo a truffe da quattro soldi.

    Il secondo passo falso è banalizzare il mercato della domanda e dell’offerta. Adam Smith docet, è l’unica fonte di conoscenza che abbiamo sugli asets. Se il Bitcoin ha un dato valore in un mercato indubbiamente libero, quello è e va preso come un fatto. Pensare che non crolli perchè sostenuto da un complotto è una considerazione da forum della Terra Piatta, o che almeno andrebbe corroborata con dati forti e certi.

  • Terzo punto: “per sostenere questo costo i mainəs debbono vendere i bitcoin ‘guadagnati’ ed hanno dunque bisogno un flusso continuo di nuovi soggetti disposti ad acquistarli…. dunque anche il bitcoin è destinato a crollare” 

    Non penso che nessuno sappia prevedere il futuro, ma vorrei notare che forse, magari, chissà, il Bitcoin un domani verrà effettivamente utilizzato, e questo utilizzo verrà pagato dagli utenti, allo stesso modo in cui si pagano le commissioni per le carte di credito. Ma qui capitolo all’interno della tautologia: ebbene sì, un sistema funziona fintanto che è usato e crolla quando smette di essere usato.

  • Il quarto punto è la distribuzione dei Bitcoin rispetto agli indirizzi: “meno di 2.000 soggetti infatti possiedono da soli circa il 42% dei bitcoin“. Non voglio insistere sulla semplicità troppo semplice dell’analisi, ma suppongo che gli indirizzi degli ikscieing siano fra questi, e quindi la vera piramide sia un po’ diversa da quella immaginata dall’autore. Vabbeh, comunque ricordiamo che, ad esempio, l’1% delle famiglie statunitensi detiene il 40% della ricchezza complessiva degli Stati Uniti. Personalmente non penso sia una cosa brutta o bella, ma sicuramente non determina uno schema piramidale, a meno di non considerare anche le valute nazionali come dei grossi, grassi, schemi piramidali.

  • Il quinto punto non è un argomento presente, ma piuttosto una serie di argomenti assenti, cioé quell’insieme di caratteristiche che sono onnipresenti negli schemi piramidali e davvero li definiscono: misteriosi interessi guadagnati senza un rischio apparente (diversi dalle plusvalenze), la necessità di reclutare personalmente altre persone, la scala dei guadagni che varia a seconda del momento in cui sei entrato nello schema, l’opacità del sistema (mentre i Bitcoin sono addirittura pseudonimi). Rincaro la dose, ma in che modo i Bitcoin possono assomigliare a uno schema Ponzi come quello di Bernie Madoff?

Dato il contesto dilettantistico dell’articolo, l’unica spiegazione che posso dare a così tante affermazioni specifiche campate per aria sia che siano certi lettori a cercare conferme e a pagare la disinformazione. Speriamo cessino, ma non ci metterò il cuore sopra.